Futurismo

I futuristi esplorarono ogni forma espressiva, dalla pittura alla scultura, alla letteratura (poesia e teatro), senza tuttavia trascurare la musica, l'architettura, la danza, la fotografia, il nascente cinema e persino la gastronomia.
Il futurismo è una corrente completamente rivoluzionaria che esalta la violenza, la guerra, la superiorità dell'uomo ma soprattutto il progresso scientifico e tecnologico. Il primo vero segno della propaganda futurista è il manifesto futurista (1909) firmato da Marinetti in cui si possono ritrovare le regole su cui si basa il movimento. Questo è inoltre molto simile alla situazione internazionale di quell'epoca piena di tensioni che aveva fatto scoppiare la prima guerra mondiale. Marinetti può essere definito un sostenitore della guerra dato che scrisse che la guerra era l'unico strumento di igiene al mondo; non molto più tardi fu firmato il manifesto della letteratura futurista che spiegava le "rivoluzionarie, forme della sintassi". Anche se si possono osservare segnali di un'imminente rivoluzione artistica nei primissimi anni del secolo - interessanti le analogie che intercorrono fra le dichiarazioni futuristiche dei Manifesti musicali di Francesco Balilla Pratella, Luigi Russolo e Silvio Mix ed il saggio Entwurf einer neuen Ästhetik der Tonkunst (Abbozzo di una nuova estetica della musica, 1907) del compositore italiano, naturalizzato tedesco, Ferruccio Busoni - la denominazione ufficiale del movimento si deve al poeta italiano Filippo Tommaso Marinetti. Marinetti ne espose i principi-base nel Manifesto del Futurismo (1909), pubblicato inizialmente in vari giornali italiani, la Gazzetta dell'Emilia di Bologna, la Gazzetta di Mantova, L'Arena di Verona e poi sul quotidiano francese Le Figaro il 20 febbraio 1909.
Il Futurismo si colloca sull'onda della rivoluzione tecnologica dei primi anni del '900 (la Belle époque), esaltandone la fiducia illimitata nel progresso e decretando a chiare lettere la fine delle vecchie ideologie (bollate con l'etichetta di "passatismo"). Marinetti, per esempio, esalta il dinamismo, la velocità, l'industria e la guerra intesa come "igiene dei popoli", scorgendo nel Parsifal wagneriano (che proprio in quegli anni cominciava ad essere rappresentato nei teatri d'Europa, dopo la fine del privilegio di rappresentazione detenuto dal teatro di Bayreuth) il simbolo artistico del "passatismo", dell'arte decadente e pedante.